Natale, gioia profonda e semplice, speranza per tutti
Caro amico, cara amica,
l’evento che i cristiani celebrano a Natale non è un’“apparizione” di Dio tra gli umani, ma la nascita di un bambino che soltanto Dio poteva dare all’umanità, un “nato da donna” che veniva da Dio e di lui era racconto e spiegazione (cf. Gv 1,18). La nascita di colui che è il Signore non va presa in senso metaforico, ma in tutto il suo senso reale, che il vangelo mette in evidenza quale “segno”. Per ben tre volte, infatti, Luca ripete l’immagine da guardare senza distrazioni: “un bambino avvolto in fasce che giace in una mangiatoia” (Lc 2,7.12.16)! Certo, ci sono anche la luce che avvolge i pastori, la gloria divina che incute timore, il coro degli angeli che canta la pace per l’umanità amata da Dio: ma questa è solo la cornice che pone in risalto il quadro e cerca di svelarne il senso.
Il segno che i pastori ricevono dall’annuncio degli angeli è di una semplicità estrema: un bambino nato nella povertà di una stalla, un bambino figlio di una povera coppia di sposi, un bambino cui è negata l’ospitalità. Il segno del Natale è tutto qui! Eppure il bambino è proclamato Messia: Salvatore e Signore è un bambino, figlio di poveri, nato nella povertà! Se i cristiani non mantenessero vivo il legame tra il bambino e il Signore, tra la povertà e la gloria, non capirebbero la verità del Natale. Purtroppo, invece, sono sempre tentati di nascondere la nuda povertà del bambino e vorrebbero la sua gloria nella potenza, ma l’icona autentica del Natale sconfessa questi desideri.
L’inizio di una vita di uomo sulla terra: è proprio per questa sua estrema semplicità che il messaggio del Natale è così universale. È alla portata di tutti, a cominciare dai poveri pastori di Betlemme, eppure è annuncio di un mistero grande, che si manifesta però nella vita ordinaria di quel figlio d’uomo. Egli passerà in mezzo agli altri facendo il bene, compirà il miracolo della ritrovata comunione con Dio e con gli altri servendosi di segni legati ai bisogni essenziali dell’umanità: il pane e il vino condivisi, la salute ridata, la natura nuovamente riconciliata con gli umani, la fraternità ristabilita, la vita riaffermata come più forte della morte. Per questo nella notte di Natale ascoltiamo che la manifestazione di Cristo nel mondo è finalizzata a “insegnarci a vivere in questo mondo” (cf. Tt 2,11-12).
Ma se questo è il fondamento della festa, la gioia che la abita non può essere “esclusiva”: è gioia “per tutto il popolo”, per l’intera umanità destinataria dell’amore di Dio. I cristiani non possono imprigionare la speranza che è anelito del cuore di tutti. Se in Gesù il Creatore si è fatto creatura, l’Eterno mortale, l’Onnipotente impotente, è perché l’uomo potesse diventare il Figlio stesso di Dio. È il “mirabile scambio” con cui i padri dei primi secoli cercavano di spiegare ai loro contemporanei l’evento che aveva non tanto cambiato il corso della storia, quanto ridato alla storia il suo senso. Ecco la radiosa speranza che i cristiani dovrebbero ancora oggi annunciare agli uomini e alle donne in mezzo ai quali vivono, così assetati di senso, così desiderosi di speranza, così abitati da un’attesa più grande del loro stesso cuore. Per i cristiani si tratta di stare in mezzo agli altri con la stessa gioia con cui Dio è venuto in mezzo a noi nel Figlio, l’Emmanuele, il Dio-con-noi che non può e non deve mai diventare Dio-contro-gli-altri.
Allora il Natale non finirà bruciato nel consumarsi di poche ore e di molti beni, non si spegnerà con l’ultima luminaria, non conoscerà lo svilimento del “saldo” di fine stagione, ma si dilaterà moltiplicandosi nel vissuto quotidiano: sarà il pegno di una vita più umana, abitata da relazioni autentiche, una vita capace di esprimere in gesti e parole la bellezza e la luce. Echi di quella luce che brillò nella notte di Betlemme e che deve brillare ancora oggi in ogni luogo avvolto dalle tenebre del dolore e del non-senso.
Davvero, la gioia del Natale è un invito all’umana speranza, e questa speranza è offerta a tutti, nessuno escluso.
Buon Natale a te e ai tuoi cari!