E di nuovo verrà nella gloria…
Caro amico, cara amica,
entriamo nell’Avvento, tempo dell’invocazione e dell’attesa della Venuta (dal latino Adventus) del Signore nostro Gesù Cristo. I credenti cristiani confessano la loro fede dicendo: “Gesù Cristo si incarnò, patì sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto, discese agli inferi, il terzo giorno risuscitò secondo le Scritture e di nuovo verrà nella gloria per giudicare i vivi e i morti”. Il tempo dell’Avvento è l’attesa di questo evento, attesa che sempre abita il cuore del cristiano ma che in queste settimane si fa più ardente. “Vieni, Signore Gesù, vieni presto!” (cf. Ap 22,17.20), è il grido della chiesa. Per questo san Basilio alla domanda “Chi è il cristiano?” rispondeva, tra l’altro: “Colui che resta vigilante ogni giorno e ogni ora sapendo che il Signore viene”.
La venuta del Signore è parte integrante del mistero cristiano perché il giorno del Signore è stato annunciato dai profeti e Gesù più volte ha parlato della sua venuta nella gloria quale Figlio dell’Uomo, per inaugurare un cielo nuovo e una terra nuova, trasfigurazione di questo cielo e di questa terra. Saldi in questa attesa, i credenti cristiani si uniscono alla voce di quanti nella storia subiscono ingiustizia, violenza, oppressione, e vivono da affamati, poveri, afflitti, pacifici, inermi.
Ma chiediamoci: oggi, i cristiani attendono ancora e con convinzione la venuta del Signore? È una domanda che devono porsi perché sono definiti da ciò che attendono e sperano, e inoltre perché ai nostri giorni c’è un complotto di silenzio su questo evento posto da Gesù davanti a noi come giudizio innanzitutto misericordioso, ma anche capace di rivelare la giustizia e la verità di ciascuno, come incontro con il Signore nella gloria, come Regno finalmente compiuto. Spesso si ha l’impressione che i cristiani leggano il tempo come tempo omogeneo, privo di sorprese e di novità essenziali, un eterno presente in cui possono accadere tante cose, ma non la venuta del Signore Gesù Cristo! Siamo onesti, è così: che il Signore venga o non venga alla fine dei tempi (e innanzitutto alla fine del tempo di ciascuno, segnato dalla propria morte), ci interessa veramente poco. Altre sono le cose importanti, pensiamo…
Per molti cristiani l’Avvento non è forse diventato una preparazione al Natale, quasi che si attendesse ancora la venuta di Gesù nella carne della nostra umanità e nella povertà di Betlemme? In verità, il cristiano ha (o dovrebbe avere) la consapevolezza che, se non c’è la venuta del Signore nella gloria, egli è da compiangere più di tutti i miserabili della terra (cf. 1Cor 15,19), e se non c’è un futuro caratterizzato dalla novità che solo il Signore può instaurare, la sequela di Gesù qui e ora diviene insostenibile. Un tempo sprovvisto di direzione e di orientamento, che senso può avere e quali speranze dischiudere?
L’Avvento è dunque per il cristiano un tempo forte perché in esso, come chiesa, cioè insieme, ci si esercita all’attesa del Signore, alla visione nella fede delle realtà invisibili (cf. 2Cor 4,18), al rinnovamento della speranza del Regno nella convinzione che oggi noi camminiamo per mezzo della fede (cf. 2Cor 5,6-7) e che la salvezza non è ancora sperimentata come vita non più minacciata dalla morte, dalla malattia, dalla sofferenza. C’è una salvezza portata da Cristo che noi conosciamo nella remissione dei peccati, ma la salvezza piena – nostra, di tutti gli umani e di tutto l’universo – non è ancora venuta. Davvero l’Avvento ci riporta al cuore del mistero cristiano: la venuta del Signore alla fine dei tempi sarà l’estensione e la pienezza completa delle energie della resurrezione di Cristo.
In questi giorni di Avvento poniamoci dunque qualche semplice domanda: noi cristiani non ci comportiamo forse come se Dio fosse restato alle nostre spalle, come se lo trovassimo solo nel bambino nato a Betlemme? Sappiamo cercarlo nel futuro, avendo nel cuore l’urgenza della venuta di Cristo, come sentinelle impazienti dell’alba? Lasciamoci interpellare dal grido più che mai attuale di un grande pensatore cristiano del secolo scorso: “Cristiani, incaricati di tenere viva la fiamma bruciante del desiderio, cosa ne abbiamo fatto dell’attesa del Signore?”. Cosa ne abbiamo fatto?