Senza contraccambio
3 novembre 2025
Dal Vangelo secondo Luca - Lc 14,12-14 (Lezionario di Bose)
In quel tempo, Gesù 12disse a colui che l'aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch'essi e tu abbia il contraccambio. 13Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; 14e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».
Poche parole quelle di Gesù nel vangelo odierno ma, va detto, parole scomode ancora per noi oggi: chi veramente le mette in pratica? Chi è capace di aprire le porte della propria casa agli esclusi, agli emarginati della nostra società? È già tanto se si trova qualcuno che organizza mense per i poveri, qualcuno che si spende per accogliere i rifugiati o gli immigrati, qualcuno che assista malati o anziani, ma fare entrare costoro nello spazio delle nostre case ci sembra un po’ troppo…
Eppure Gesù parla proprio di questo e lo fa perché, invitato nella casa di un uomo illustre del suo tempo, un capo dei farisei, nota come gli invitati sceglievano i primi posti, in una gara alla ricerca della prossimità con chi conta, chi ha potere, mentre non sanno rispondere nulla di fronte a Gesù che guarisce un povero malato in giorno di sabato perché ritiene la vita di quest’uomo preziosa.
Allora ancora una volta, come pochi capitoli prima, nella famosa parabola del buon samaritano, la questione è a chi vogliamo farci prossimo, chi vogliamo accanto a noi, chi guardiamo e vediamo, perché già lo sguardo rivela la direzione del cuore (pensiamo alla parabola del ricco epulone e del povero Lazzaro).
Gesù accoglie tutti, vede tutti, si accorge degli uni e degli altri: vede il povero idropico e se ne fa carico anche se è sabato perché la Legge è a servizio dell’uomo e non viceversa; vede gli invitati che cercano i primi posti e ha una parola per loro; vede colui che ha invitato lui e gli altri e dice una parola anche a lui, per insegnargli la via della gratuità, della capacità di aprire le mani per donare a coloro da cui non si spera ricevere nulla, proprio nulla, né cose materiali, né riconoscenza o affetto. Infatti, non a caso, Gesù nel menzionare chi non invitare elenca tutte persone che sono legate da un rapporto sentimentale con colui che invita: amici, fratelli, parenti e alla fine aggiunge i ricchi.
Quindi niente pasti di famiglia? Niente feste condivise con amici e parenti? Io non credo che Gesù volesse vietare la gioia della tavola condivisa con chi amiamo (lui stesso l’ha cercata e vissuta, pensiamo alle sue visite agli amici Lazzaro, Marta e Maria a Betania), ma voleva piuttosto metterci in guardia da quel sottile rischio della ricerca della reciprocità, del “do ut des”, che ci intrappola in logiche di calcolo e profitto, logiche presenti oggi più che mai. Gesù invece ci indica una via di libertà, una via che rende leggero il nostro passo perché sgravato dal peso del tornaconto, del “cosa ci guadagno?”.
Gesù ci insegna che il vero respiro che dà ossigeno alla vita, è quello di chi sa ringraziare per ciò che ha e tutto condivide con gioia perché “vi è più gioia nel dare che nel ricevere” (At 20,35), perché guardando negli occhi di coloro con cui condividiamo e che forse non hanno nulla da darci in contraccambio vediamo la via della beatitudine del Regno dove c’è un posto preparato per ciascuno di noi, nessuno escluso, per una gioia veramente condivisa con tutti.
Allora il vangelo di oggi è buona notizia perché ci indica una via che, strappandoci dalla schiavitù del calcolo, ci apre alla libertà della gratuità.
sorella Ilaria