La cultura della cura
“Gli eventi che hanno segnato il cammino dell’umanità nell’anno trascorso, ci insegnano l’importanza di prenderci cura gli uni degli altri e del creato, per costruire una società fondata su rapporti di fratellanza”.
Così il paragrafo di apertura del messaggio per la Giornata mondiale della pace 2021 di papa Francesco crea un collegamento esplicito tra cura e pace: “Perciò ho scelto come tema di questo messaggio: La cultura della cura come percorso di pace. Cultura della cura per debellare la cultura dell’indifferenza, dello scarto e dello scontro, oggi spesso prevalente”.
Vengono alla mente le poche voci che all’inizio della prima ondata di contagi – e di morti – causati dal Covid-19 avevano cercato di “disarmare” la retorica della guerra al virus con la metafora della cura: in pieno sforzo di contrasto al diffondersi della pandemia, soprattutto da parte di chi sopportava il peso maggiore della fatica e dei rischi, veniva la richiesta di pensare in termini di cura e non di guerra alle forti criticità presenti e all’incerto futuro che ci attende come società e quindi anche come chiesa.
La pandemia ci ha mostrato con ogni evidenza che non solo i malati, ma il nostro pianeta, tutti noi non siamo in guerra ma siamo in cura. E la cura abbraccia ogni aspetto della nostra esistenza chiedendo a ciascuno di dare il meglio di sé, dispiegando le proprie risorse umane ed etiche: forza, perspicacia, coraggio, risolutezza, tenacia… Doti sovente impiegate anche in guerra, ma insufficienti in quel contesto: infatti la guerra, a differenza della cura, necessita soprattutto di nemici, frontiere e trincee, di armi e munizioni, di spie, inganni e menzogne, di spietatezza e denaro… La cura invece si nutre d’altro: prossimità, solidarietà, compassione, umiltà, dignità, delicatezza, tatto, ascolto, autenticità, pazienza, perseveranza…
Si coglie così la forza del messaggio di pace di papa Francesco che – dopo aver indicato “Dio creatore, origine della vocazione umana alla cura” e “modello della cura” e dopo aver evocato “la cura nel ministero di Gesù” e la conseguente “cultura della cura nella vita dei suoi seguaci” – ricorda “i principi della dottrina sociale della chiesa come base della cultura della cura”. In piena continuità con il messaggio centrale dell’enciclica Fratelli tutti, papa Francesco ricorda “ai capi di stato e di governo, ai responsabili delle organizzazioni internazionali, ai leader spirituali e ai fedeli delle varie religioni, agli uomini e alle donne di buona volontà” l’esigenza che l’attuale contingenza storica impone a ciascuno di noi e al consorzio umano nel suo insieme: prendersi cura gli uni degli altri. La cura, infatti, è “promozione della dignità e dei diritti della persona”, si declina come “cura del bene comune” e si esercita attraverso la “solidarietà” tra esseri umani e l’ormai inscindibile sollecitudine per “la cura e la salvaguardia del creato”, già ricordata con forza nell’enciclica Laudato si’.
Dal messaggio per la pace di quest’anno emerge allora la cura come “bussola per una rotta comune” perché, come recita il paragrafo conclusivo del testo di papa Francesco, “non c’è pace senza la cultura della cura”. Essa infatti “quale impegno comune, solidale e partecipativo per proteggere e promuovere la dignità e il bene di tutti, quale disposizione ad interessarsi, a prestare attenzione, alla compassione, alla riconciliazione e alla guarigione, al rispetto mutuo e all’accoglienza reciproca, costituisce una via privilegiata per la costruzione della pace. In molte parti del mondo occorrono percorsi di pace che conducano a rimarginare le ferite, c’è bisogno di artigiani di pace disposti ad avviare processi di guarigione e di rinnovato incontro con ingegno e audacia. In questo tempo, nel quale la barca dell’umanità, scossa dalla tempesta della crisi, procede faticosamente in cerca di un orizzonte più calmo e sereno, il timone della dignità della persona umana e la ‘bussola’ dei principi sociali fondamentali ci possono permettere di navigare con una rotta sicura e comune … Tutti insieme collaboriamo per avanzare verso un nuovo orizzonte di amore e di pace, di fraternità e di solidarietà, di sostegno vicendevole e di accoglienza reciproca. Non cediamo alla tentazione di disinteressarci degli altri, specialmente dei più deboli, non abituiamoci a voltare lo sguardo, ma impegniamoci ogni giorno concretamente per formare una comunità composta da fratelli [e sorelle] che si accolgono reciprocamente, prendendosi cura gli uni degli altri”.
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