#Danza #Salmo87
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Fondata da lui sui monti del Santo,
il Signore ama le porte di Sion
più di tutte le dimore di Giacobbe.
Cose gloriose si proclamano di te,
o città di Dio!
“Iscrivo Raab e Babilonia
tra quelli che mi conoscono.
Ecco la Filistea e Tiro con l’Etiopia:
‘Questi è nato là’”.
Ma di Sion si dice:
“Ciascuno è nato in essa.
E lui, l’Altissimo, la rende stabile”.
Il Signore annota nel registro dei popoli:
“Questi è nato là”.
E danzando canteranno:
“Tutte le mie sorgenti [sono] in te!”.
(Traduzione di Ludwig Monti)
Ciao amica,
Ciao amico,
leggendo il salmo 87 rimaniamo stupefatti per come viene descritta la città di Dio, Sion, Gerusalemme, depositaria di un amore straordinario da parte dell’Altissimo, che l’ha fondata stabile sui monti. Città di cui si proclamano cose grandiose, eppure città contesa, conquistata, a volte distrutta dai grandi e piccoli imperi che si sono susseguiti nella storia, e oggi ancora martoriata da un conflitto sempre pronto a riesplodere e da atti di terrorismo. Gerusalemme sembra essere idealmente all’origine di tutta la storia umana: ogni città, ogni popolo, ogni cultura è nata là. Anche i popoli nemici e stranieri – l’Egitto (Raab) a ovest, Babilonia a est, la Filistea e la Fenicia a nord, l’Etiopia a sud – trovano in essa, all’anagrafe della città santa, il loro nome iscritto. Il versetto finale del salmo immette in un clima di gioia e di esultanza: ogni popolo si aprirà alla danza e canterà l’unità, la pace, l’armonia per aver trovato in Gerusalemme la madre di tutte le genti. Scriveva il cardinale Carlo Maria Martini:
Ecco affacciarsi il tragico dilemma che da sempre ha accompagnato la sua storia: città dell’incontro, del dialogo o crogiolo di tensioni, di scontri come quelli cui assistiamo oggi? “Se ci sarà pace a Gerusalemme, ci sarà pace in tutto il mondo”. Perciò è necessario venire a Gerusalemme con sentimenti di pace, come operatori di pace. Questo richiede di mettere molto in alto sulla scala dei valori il rispetto per l’altro, per la sua tradizione e cultura, nella persuasione che v’è in lui la stessa dignità umana che c’è in me e che egli gode degli stessi diritti e prerogative. Ciò deve portare a sentire come nostre le sofferenze dell’altro, di chi è diverso da noi. Da qui nasce la speranza che vive in ciascuno di noi tutte le volte che si viene pellegrini a Gerusalemme, la speranza che minareti e campanili diventino simboli di rispetto e di accoglienza per tutti nella persuasione che tutti coloro che riconoscono Dio si sentano sue creature e suoi figli ugualmente amati.
È questa la speranza che il salmo affida alla danza, arte straordinaria che mette al centro la vita e fa della festa il richiamo a vivere nel quotidiano la libertà e la gioia, mestiere infaticabile, frutto di ascesi e disciplina, istinto primordiale all’unificazione di tutto l’essere: “La danza è un dono degli dei … è un’arte difficile … Si entra in sala danza come si entra nel tempio, nella moschea, nella chiesa, nella sinagoga, per ritrovarsi, riallacciarsi (il termine religione), unificarsi”, scrive Maurice Béjart, uno dei più grandi danzatori e coreografi del Novecento, autore di un audace e leggero libretto, intitolato Lettere a un giovane danzatore.
Il ballerino, tu mi auguro, deve avere un mestiere e un istinto, mescolanza strana di disciplina e di libertà. Nel corso della rappresentazione, deve dare al pubblico l’impressione di improvvisare e di inventare la coreografia; è a questa sola condizione che è interessante. Se fa credere di compiere dei movimenti liberi e completamente suoi, le persone ne sono rapite. Per arrivare a questo punto, bisogna anche ch’egli abbia completamente assimilato la coreografia, che l’abbia ripensata da cima a fondo, che l’abbia ricreata, rivestita e che ne possieda al contempo una padronanza tecnica e una percezione intellettuale completa … Dovrai inventare senza sosta le danze che un altro immagina di avere composto per te. È la TUA danza!
E come non ricordare, a proposito di danza, le parole di Friedrich Nietzsche poste sulle labbra del vecchio santo eremita quando vede scendere Zarathustra dal monte?
Non mi è sconosciuto questo viandante – dice – ; molti anni or sono egli passò di qui. Si chiamava Zarathustra; ma ora è mutato … Sì, io riconosco Zarathustra. L’occhio suo è puro e sulle labbra non v’è segno di disgusto. Non avanza egli simile a un danzatore? Zarathustra si è trasformato; è diventato un bambino.
La danza diventa allora il simbolo di una trasformazione radicale e creativa, che passa dal crogiuolo delle contraddizioni che la vita ci pone davanti; vive nel corpo di chi come mendicante si fa cercatore della verità, si riappropria della propria verità profonda e approda alla libertà, come un illuminato che sorride e danza appunto, gridando con entusiasmo: “Tutte le mie sorgenti sono in te!”. Che non avvenga anche per noi quello che diceva Gesù: “A chi posso paragonare questa generazione? È simile a bambini che stanno seduti in piazza e, rivolti ai compagni, gridano: ‘Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non vi siete battuti il petto!’” (Mt 11,16-17).
Facciamo della nostra vita una danza e intanto balliamo con l’intramontabile canzone di Franco Battiato, Voglio vederti danzare
e sul ritmo dell’Etnica danza dei Modena City Ramblers.