Vita piena a voi!
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Caro amico, cara amica,
da qualche giorno siamo in festa per l’annuncio pasquale che anche in questi tempi durissimi dà forza e senso alla nostra vita: “Cristo è risorto il terzo giorno secondo le Scritture” (1Cor 15,3). Ma come questa fede agisce sulla nostra vita concreta?
Lo possiamo cogliere leggendo il brano evangelico “dell’apostolo Tommaso” (Gv 20,19-31), lui che con fatica arriva a confessare Gesù “mio Signore e mio Dio”. Un brano strutturato secondo ripetizioni, come lo è la nostra vita. Tempo: la sera del primo giorno della settimana e poi otto giorni dopo, segno del ritmo settimanale con cui i credenti in Cristo si ritrovano per celebrare insieme la fede. Luogo non precisato, comunque al chiuso. I discepoli sono rintanati “per paura”, tra mura che solo il Risorto può mutare in luogo aperto.
Ripetitivi sono anche i gesti di Gesù, ma di quella reiterazione che è novità continua. Novità di una vita che si offre come fondamento della nostra. I discepoli di Gesù lo vedono in altro modo, “in altra forma” (Mc 16,12); noi, di conseguenza, siamo chiamati ad amare Cristo e a credere in lui pur senza averlo visto. Lui, il vero centro anche di questa pagina evangelica, per due volte ripete gli stessi gesti: viene a porte chiuse, sta in mezzo, quale Signore, e per tre volte fa il dono dello shalom: “Vita piena a voi!”. Mostra ripetutamente i segni della sua passione, nelle mani e nel petto, traccia indelebile del suo “amore fino alla fine”. Non possiamo sapere come sia il corpo del Risorto, ma almeno una cosa è certa: reca per sempre in sé le ferite dell’amore.
Ecco l’essenziale, ecco dove devono fissarsi gli occhi del nostro cuore: sulla vita di Gesù Cristo. È l’amore che egli ha vissuto, e che lo ha ferito, ad averlo portato a quella morte; è l’ostinata ripetizione della fiducia accordata e dell’amore da lui donato in perdita che lo ha condotto sulla croce. È ripetendo liberamente l’esercizio di questo amore e di questa fiducia, che Gesù ha visto cambiare i suoi orizzonti interiori ed esteriori, fino a poter dire: “Io depongo la mia vita, per poi riceverla di nuovo. Nessuno me la toglie. Ho l’autorevolezza di darla e l’autorevolezza di riceverla di nuovo” (cf. Gv 10,17-18). E così, in questa obbedienza di un uomo maturo e libero, che sa quello che vuole e vuole quello che fa, riceve dal Padre la vita nuova, di una novità straordinaria, quasi indicibile e incredibile: la resurrezione.
Gesù è cambiato per sempre, la sua è vita per sempre, ma con i segni in sé della vita terrena che ha vissuto. E ora fa in modo nuovo ciò che già aveva fatto: invia i discepoli nel mondo, così come il Padre ha inviato lui; dona loro lo Spirito già effuso in croce; Spirito che è la remissione dei peccati, ora donato senza misura ai discepoli, perché siano capaci di misericordia verso tutti. Questa, infatti, l’unica missione dei cristiani, che riassume in sé tutta l’originalità di Cristo e del vangelo: perdonare, rimettere i debiti, rialzare le persone. Nient’altro, perché questo è ciò di cui noi per primi abbiamo bisogno: lasciarci amare.
Proprio Tommaso non vuole lasciarsi amare. È lui l’unica differenza nei due incontri di Gesù con i suoi amici. La prima volta è assente, e non si lascia convincere dalla gioia e dalla testimonianza dei suoi fratelli: protesta, insiste… Di fronte alle sue rimostranze Gesù ribatte: “Non essere incredulo, ma credente!” (Gv 20,27). Ovvero: “Aderisci a me e smettila di piegarti ai tuoi idoli, anche religiosi!”. Poi consegna la sua ultima beatitudine: “Felici quelli che non hanno visto e hanno creduto, aderito” (cf. Gv 20,29).
Risorgere con Cristo è aderire a lui; è aderire alla “realtà”, che “è Cristo” (Col 2,17), per vivere in modo sempre nuovo, cioè libero, consapevole e ferito dall’amore, le nostre sempre ripetute azioni. Proprio come scriveva il grande pastore luterano Dietrich Bonhoeffer, morto martire in campo di concentramento 75 anni fa: “Se un po’ di persone credessero veramente alla resurrezione di Cristo e si lasciassero guidare da essa nel loro agire terreno, molte cose cambierebbero. Vivere partendo dalla resurrezione: questo significa Pasqua”.