Un uomo come Gesù solo Dio ce lo poteva dare
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Caro amico, cara amica,
nella notte di Natale abbiamo ascoltato le parole rivolte dall’angelo ai pastori accorsi a Betlemme: “Vi annuncio una grande gioia: oggi è nato per voi un Salvatore, il Cristo Signore” (Lc 2,10-11). Nel giorno del Natale questa stessa buona notizia viene espressa in altro modo dal quarto vangelo, il vangelo secondo Giovanni. Il prologo di questo testo (Gv 1,1-18) è una parola di gloria sul Natale, che ci fa capire da un altro punto di vista l’unico Vangelo dell’incarnazione, dell’umanizzazione di Dio: un uomo come Gesù solo Dio ce lo poteva dare. È una pagina teologicamente ricchissima, è la sintesi ultima: se Gesù ha narrato in modo definitivo Dio (exeghésato, come il prologo si conclude), Giovanni ha narrato in modo definitivo il senso della vita di Gesù in questi 18 versetti.
Nello stesso tempo, si rimane colpiti dalla luminosa semplicità con cui questo evangelista ha saputo comprendere e ha voluto narrare l’inesauribile mistero del Dio-uomo. Tutto sta in quella sintesi nella sintesi collocata al cuore del nostro testo: “E la Parola si è fatta carne e ha posto la sua tenda, è venuta ad abitare tra di noi”. “La Parola si è fatta carne”: se sapessimo quello che diciamo, a questa affermazione sobbalzeremmo. Com’è possibile che la Parola eterna di Dio, per mezzo della quale tutto è stato creato ed esiste, quella Parola che è Dio, diventi carne fragile, debole, mortale, in termini umani un figlio, un uomo che va verso la morte? Follia, diremmo. Sì, follia, ma follia voluta da Dio, libera sua scelta di svuotarsi. E perché? Per uscire da sé ed entrare in relazione con noi. E per quale motivo? Per amore, quell’amore che nel prologo risuona nelle parole “vita, luce, grazia”, anzi “grazia su grazia”, “amore su amore”. Se Dio scende dai cieli sulla terra prendendo carne in Gesù, è proprio per questo desiderio di relazione, di donarsi a noi, che l’evangelista non potrebbe esprimere con più chiarezza.
Ecco allora l’altra ottica da cui leggere il prologo, quella di noi umani: “… e ha posto la sua tenda tra di noi, e noi abbiamo contemplato la sua gloria”. Ma questo, altro non è che il punto di arrivo di varie espressioni disseminate nel prologo: “Nella Parola era la vita, la vita luce degli uomini … veniva nel mondo la luce vera che illumina ogni uomo”. Tutto luminoso? Nessuna illusione, ci sono le tenebre che lottano contro la luce, vorrebbero soffocarla. Eppure non possono vincerla, sopraffarla. È stato così per Gesù, venuto tra i suoi senza essere compreso, fino alla morte di croce, e Giovanni non lo nasconde: “Il mondo non lo ha riconosciuto … i suoi non l’hanno accolto”! Nessuna ipocrisia, siamo onesti: quante volte le nostre tenebre soffocano la luce di Cristo, soprattutto con quella cattiveria o ignoranza che vorrebbe spegnere la luce in chi ci è accanto… Dobbiamo dunque disperare, oscurarci? No, ma solo accogliere il Vangelo, più forte, più luminoso, più vita di ogni morte: “A quanti hanno accolto la Parola fatta carne, ha dato potere di diventare figli di Dio … Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo accolto grazia su grazia”.
Ha scritto un moderno “poeta maledetto”, dichiaratamente ateo: “Da qualche parte c’è luce. Forse non sarà una gran luce, ma la vince sulle tenebre … Non puoi sconfiggere la morte ma puoi sconfiggere la morte in vita, qualche volta. E più impari a farlo di frequente, più luce ci sarà”. Tutti gli umani cercano luce, vita, amore; nelle forme più diverse e a volte contorte non cercano nient’altro! Noi cristiani, umani come tutti, dovremmo fare una sola cosa, per noi e per tutti: cogliere la luce, la vita, l’amore, la bellezza nel Vangelo che è l’uomo Gesù Cristo, Parola fatta carne, e nella sua umanità accogliere e donare il racconto di Dio. Accogliere e donare la sua luce, la sua vita, il suo amore, la sua bellezza fatti carne in un uomo, in Gesù, che non è un maestro di spiritualità ma è colui che ci dà ragioni per vivere, che ci fa vivere: Gesù Cristo è la vita!