Cosa nutre la nostra vita
Fratelli, sorelle,
più volte la nostra Regola parla di obbedienza. Ma ciò che in questi giorni di emergenza sanitaria sta avvenendo, a noi come a milioni di altre persone, è una strana obbedienza a una situazione confusa e a provvedimenti che influiscono anche pesantemente nella nostra vita monastica quotidiana. Come del resto stanno invadendo e stravolgendo le vite di singoli e famiglie, di lavoratori e aziende, di tutti.
Da un lato vi è un’obbedienza da cui non possiamo esentarci in modo irresponsabile o privilegiato, dall’altro si tratta di cogliere ciò che avviene come un’occasione per chiederci che cosa ci fa davvero vivere, che cosa nutre la nostra vita, che cosa la regge. Senza la presenza degli ospiti, abbiamo l’occasione, come dice la nostra Regola, di “celebrare gli uffici in estrema gratuità, come se nessuno ci osservasse” (RBo 35), di dedicare più tempo alla vita in cella. Soprattutto siamo chiamati a misurarci con i concreti fratelli e sorelle con cui viviamo la nostra vocazione. Ci viene chiesta maggiore attenzione e sollecitudine verso i fratelli e le sorelle esercitando la pazienza, evitando i nervosismi e l’insofferenza che possono acuirsi quando la mancanza di ospiti rende l’orizzonte di ciascuno circoscritto ai soli fratelli e sorelle. E dunque potenzialmente sentito come più pesante, più asfittico, più soffocante, senza lo “sfogo” costituito dagli ospiti.
E la situazione presente ci offre l’occasione anche di riflettere sul senso della presenza degli ospiti. Non tanto sul senso di questo ministero monastico che dovrebbe essere assodato e ben chiaro a tutti, ma su come ciascuno di noi lo vive. Perché oltre a un rapporto equilibrato e fecondo, pudico e rispettoso, accogliente e discreto con gli ospiti, che diviene arricchente sia umanamente che spiritualmente anche per noi, vi sono tante modalità problematiche, non equilibrate, ma che sono rivelatrici di ciò che cerchiamo, di ciò di cui viviamo.
Anche la Regola mette in guardia da modalità distorte di rapporto con gli ospiti, un rapporto – quello con gli ospiti – che non è sottomesso alla quotidianità ripetitiva del rapporto con i fratelli e le sorelle. Nei paragrafi 39-40 della Regola si ricorda la discrezione con gli ospiti, di non accaparrarli, di non porsi nei loro confronti come maestri, di non discutere e perdere troppo tempo con loro, di non turbarli riversando su di loro situazioni interne alla comunità. Per noi dev’essere sempre chiaro che nell’ospite è presente Cristo, ma come è presente nel fratello e nella sorella.
In attesa di accogliere di nuovo e con rinnovata carità e discernimento evangelico gli ospiti che verranno, esercitiamoci ora ad accoglierci gli uni gli altri e a vedere nel fratello e nella sorella la presenza stessa di Cristo.
Perciò, fratelli e sorelle, siamo sobri e vigilanti, perché il nostro Avversario, il divisore, come leone ruggente si aggira cercando una preda da divorare. Resistiamogli saldi nella fede e disposti alla gratuita carità fraterna. E tu, Signore, abbi pietà di noi.
fratel Luciano