Tra memoria e novità
Fratelli, sorelle,
la nostra Regola dice:
“Quali che siano le situazioni acquisite, le tradizioni fissate, le istituzioni create, tutto dev’essere messo costantemente in discussione e sottoposto al giudizio dell’Evangelo” (RBo 3).
La nostra comunità è relativamente giovane, e tuttavia dopo cinque decenni, dopo mezzo secolo, anch’essa ha creato piccole tradizioni, ha dato vita a istituzioni, ha creato di fatto usanze e abitudini che attraversano il nostro quotidiano. In comunità vi sono modi di procedere che si sono assestati e assodati in diversi ambiti mettendo a frutto l’esperienza di tanti anni: lavoro, liturgia, ospitalità, cucina, e così via. E se ogni comunità ha bisogno di avere dei punti fermi irrinunciabili su cui camminare e in base ai quali orientare il proprio percorso, tuttavia sarebbe contrario allo spirito di libertà che sempre emerge dalla Regola, il voler fissare criteri definitivi che normano in modo consuetudinario modalità e forme con cui vivere tante dimensioni quotidiane.
Ovviamente, l’affermazione della Regola non significa che su tutto e sempre si debba discutere come se l’esperienza e la vita vissuta per tanti anni non avessero insegnato nulla e si dovesse sempre iniziare da zero. Non avrebbe alcun senso, a quel punto, parlare di trasmissione. Ma la Regola intende mettere in guardia dal rischio di quella pigrizia che può facilmente colpire le comunità religiose e monastiche per cui di fronte a un problema non si pensa più, non ci si apre più al nuovo, ma ci si rifugia nell’inerzia e nel ritornello securizzante e deresponsabilizzante: “Si è sempre fatto così”. La paura vince sulla fiducia. La comodità e la sicurezza del già noto sul rischio del nuovo. Ma c’è un oggi che non corrisponde più a ieri, ci sono dei giovani che portano istanze che i più anziani non avevano, e comunque c’è un Vangelo che chiede di essere realizzato nell’oggi in modo inedito.
L’avvertimento della Regola è dunque che il passato non diventi ostacolo alla vita, non impedisca il cambiamento, non sia di intralcio al cammino comunitario, e che le forme non opacizzino i contenuti. Con lucido coraggio e con grande libertà, la Regola termina dicendo perfino: “Non preoccuparti di dare continuità storica all’intuizione iniziale” (RBo 48). Si tratta sempre di trovare un equilibrio tra memoria e novità, tra passato e futuro, senza ingessare l’identità personale e comunitaria in stilemi definiti una volta per sempre. Solo così si dà realizzazione all’autentica continuità. Che è continuità di vita.
Perciò, fratelli e sorelle, siamo sobri e vigilanti, perché il nostro Avversario, il Divisore, come leone ruggente si aggira cercando una preda da divorare. Resistiamogli saldi nella fede, liberi e fedeli all’essenziale della nostra vita monastica. E tu, Signore, abbi pietà di noi.
fratel Luciano