Contenti della piccolezza
Fratelli, sorelle,
la nostra Regola avverte:
“Niente di quello che fai deve essere fatto per l’ammirazione degli uomini” (RBo 2).
Echeggiando il vangelo, in particolare gli ammonimenti di Gesù sugli ipocriti nel capitolo 6 di Matteo, la Regola ci mette in guardia dalla tentazione dell’ipocrisia, del fare della vita monastica una maschera, un insieme di prestazioni che devono essere ammirate, viste, e il cui ultimo destinatario non è il Signore, ma la gente. Se questo avvenisse nella comunità sarebbe il trionfo della mondanità, della scena, del criterio dell’audience. La vita monastica diverrebbe una recita. Con discernimento, altrove la Regola ci avverte circa la preghiera comune: “Veglia a che la tua preghiera non sia sostenuta dalla presenza degli ospiti.
Celebra gli uffici come se nessuno ti osservasse, in una estrema gratuità; celebrali solo per il tuo Signore” (RBo 35). Ma questo rischio è più esteso ed è insito anche nella deriva funzionalistica della vita monastica. Nel fare le cose non di per sé, non per il loro valore intrinseco, non perché hanno il loro senso in se stesse, ma “per” altri o per altro, per scopi precisi e secondari ma che assurgono a fine primario. Ed è anche il rischio di cadere nella vanagloria, del gloriarsi del bene che eventualmente altri trovano in noi e da noi e grazie a noi. Un conto è richiamarsi alla responsabilità che abbiamo verso ogni ospite che ci visita e verso ogni persona che incontriamo, questo è sacrosanto, ben altro invece è il tono retorico e autocelebrativo con cui a volte parliamo di noi stessi.
Ma forse, ciò che è ancor più grave è che dietro a quel far le cose per essere ammirati dagli altri, c’è lo sguardo che noi diamo sulla nostra vita e su noi stessi quando ricerchiamo proprio quella rassicurazione che viene dall’ammirazione e dal plauso altrui. Per questo altrove la Regola ci ammonisce a restare semplici, a non far cose troppo grandi, con dimensioni di folla e di spettacolo, e a mettere la fiducia non in noi né negli altri, ma nel Signore: “Non cercare cose più grandi o più alte di te; raffrena il tuo cuore e abbandonati a Dio come un bambino in braccio a sua madre” (RBo 23). Perciò, fratelli e sorelle, siamo sobri e vigilanti, perché il nostro Avversario, il Divisore, come leone ruggente si aggira cercando una preda da divorare. Resistiamogli saldi nella fede e contenti della nostra piccolezza. E tu, Signore, abbi pietà di noi.
fratel Luciano