Conférence de l'évêque de Gacina, Ambroise
Oggi è evidentissimo che la soluzione del problema ecologico non stia nel campo della tecnologia, ma in quello dell’etica. Ma l’etica deriva da una base ontologica, e se questa base è materialista, il problema diventa insolubile. Edmund Husserl nella Crisi delle scienze europee scriveva che la scienza è divenuta estranea al suo radicamento nel mondo della “esperienza viva”, e per conseguenza è diventata un sapere astratto, concettualmente depurato, e non un incontro con il mondo reale. La critica di Husserl era rivolta contro l’affermazione positivista che il sapere scientifico è autosufficiente, direttamente attingibile dai sensi e non richiede l’elaborazione filosofica o metafisica. Nonostante i progressi della scienza e della tecnica, Husserl afferma che la separazione della scienza dalla filosofia è qualcosa di tragico. Il sogno dell’Illuminismo era la creazione di una “scienza universale”, al servizio della vita sociale e culturale, il dispiegarsi della ragione doveva permettere all’uomo di capire se stesso e il mondo in cui vive. Tuttavia la matematizzazione della natura ha portato a una visione meccanicistica del cosmo, alla tecnicizzazione del rapporto col mondo e all’impoverimento dell’esperienza dell’uomo.
Una delle idee basilari dell’ortodossia è che Dio Creatore, amando l’uomo, creò l’universo come “cosa molto buona” (Gen 1,31) e l’uomo a Sua immagine e somiglianza. Perciò, nella tradizione cristiana non vi è alcuna contrapposizione tra materia e spirito, corpo e anima, tra mondo presente e realtà metafisica. Vi è un profondo legame tra il Creatore e la creazione, un legame che implica di servire al primo e di rispettare la seconda. Il “dominio” dell’uomo sulla natura, di cui parla la Bibbia, non ha carattere assoluto, non significa arbitraria tirannia. Il nostro “possesso” non è irresponsabile, fine a se stesso ed egocentrico ma liturgico: è dato per un compito concreto. Dio ha immesso nella creazione una struttura interiore, che è responsabilità dell’uomo rispettare e custodire. Nel racconto della creazione Dio dà agli uomini “erbe che producono seme” (Gen 1,12). L’immagine del seme allude al fatto che l’uomo, coltivando la natura, non deve distruggerla, ma lasciare il seme per il futuro. La natura assicurerà i bisogni dell’uomo se egli saprà limitare le proprie esigenze nell’impiegarne le risorse. In questo senso “possesso” e “dominio” significano un servizio responsabile.
Ecco perché è importante iniziare a parlare di ecologia muovendo dalla visione teologica del rapporto tra l’uomo e la natura. Che cos’è la natura, la φυσις greca? Per gli antichi greci era una forza cieca e impersonale, indifferente all’umanità, una necessità alla quale dobbiamo sottostare, indifferente ai fini e alle volontà dell’uomo, la cieca necessità – αναγκη – che tende a opprimere l’uomo. Quando parliamo del concetto di “ambiente in cui viviamo”, possiamo provare tale esperienza, magari durante un terremoto o un tornado. Invece per la teologia ortodossa vale un’altra concezione, quella di creazione, in greco κτισις. Il filosofo ortodosso americano e teologo Bruce Foltz scrive: “La parola ktisis suppone la presenza di un ordine interno, stabilito da Dio, attingibile e commisurabile con l’esistenza umana. La creazione non è cieca necessità, essa dà un senso a tutto ciò che si riflette nell’esistenza umana. L’idea di creazione è profondamente consona all’uomo, alle sue necessità, speranze e sogni, non è l’idea greca di natura che opprime l’uomo, ma di una casa ben costruita da un Creatore misericordioso”. La creazione è la nostra casa, noi siamo creati in armonia con essa, come ogni essere vivente oggetto del pensiero divino: “Gli occhi di tutti sono rivolti a te in attesa, e tu provvedi loro il cibo a suo tempo. Tu apri la tua mano e sazi la fame di ogni vivente” (Sal 145, 15-16).